Il cuore selvatico del ginepro di Vanessa Roggeri (2013)

Un travolgente romanzo familiare sardo traboccante di tradizioni ancestrali

Sardegna, 1880. Nella notte del 31 ottobre nasce la settima figlia femmina della ricca famiglia Zara. Ha già i denti e persino un accenno di coda. Per tutti è una coga, una strega, e al padre spetta l’ingrato compito di sopprimerla. Severino però non ha il coraggio di fracassarle il cranio con una pietra e così la lascia esposta al freddo e alla pioggia, sperando che siano le intemperie a recidere il filo di quella nuova vita.

Il cuore selvatico del ginepro di Vanessa Roggeri - cover

Le vicende narrate si dipanano nel paese immaginario di Baghintos. Io ancora non riesco a comprendere questa reticenza. Anche Cristina Caboni nel romanzo La custode del miele e delle api (2016) ha scelto come ambientazione un paese sardo che non c’è, ma oggi per scoprire la verità basta un clic.

Il mercato è saturo di personaggi che vivono in metropoli come Parigi o New York e quando finalmente abbiamo di fronte qualcosa di diverso non si ha il coraggio di mettere il nome di un paese reale? Osate autrici e autori, osate!

Per quanto riguarda la copertina, invece, avrei preferito un’immagine che richiamasse esplicitamente la Sardegna piuttosto che una ragazza in abito rétro dal gusto vagamente gotico, più adatta a mio avviso a una storia di vampiri.

Cosa mi ha spinto a leggere questo romanzo? È presto detto: il titolo evocativo, capace di farmi visualizzare mentalmente l’adorata macchia mediterranea sarda a partire dal ginepro, qui simbolo della resilienza della protagonista, la bambina strega capace di superare le avversità così come il ginepro le cui radici sopravvivono agli incendi.

Adoro leggere romanzi di scrittori sardi ambientati nella loro terra natia, per me è uno spasmodico inseguire metà delle mie origini, e mi piange il cuore quando decidono di far migrare le loro storie altrove.

Il cuore selvatico del ginepro è un romanzo avvincente intriso di antiche superstizioni e tradizioni, come quella delle animeddas, molto simile al Día de Muertos (Giorno dei Morti) messicano, con tanto di offerta di cibo e bevande per i propri cari defunti che tornano a visitare i vivi.

Sembra un paradosso ma io ho scoperto prima il Día de Muertos da mio marito che la celebrazione delle animeddas di cui mio padre, pur essendone a conoscenza, non ha mai parlato.

Lo splendido romanzo d’esordio di Vanessa Roggeri è riuscito a intrigare anche mia figlia che ha otto anni e mi ha chiesto di proseguire la lettura in spiaggia (in Sardegna, ovviamente) ad alta voce dopo aver ascoltato il mio riassunto, pregandomi poi di prestarle il libro dopo le vacanze per poterlo leggere per conto suo di sera prima di addormentarsi. Direi che è meraviglioso!

La bambina strega viene salvata dalla sorella maggiore Lucia che la riporta in casa di nascosto e la chiama Ianetta. La neonata è sopravvissuta alla notte e adesso gli Zara non possono più disfarsene.

Ianetta è per tutti una maledizione. Quando ha tre mesi continua a succhiare il latte dal seno della sua balia morta, avvizzita in poche settimane. A quattro anni richiama uno sciame di api sfregando due pietre. Il nugolo di insetti punge senza pietà i bulli del paese che volevano ucciderla e alla fine a morire, dopo tre giorni di agonia, è il loro capo Gonario.

Quando ha nove anni, sua sorella Mariuccia si perde e viene sorpresa da un temporale. Cagionevole di salute sin dalla nascita, si ammala e lotta tra la vita e la morte. Lucia ha visto che Ianetta stava cercando di riportarla a casa, ma la domestica più anziana non le crede e le intima di non dire nulla a nessuno. Pochi giorni dopo la stessa serva, insospettita dal fetore e dall’abbondanza di mosche, scopre con orrore che Ianetta ha riempito il sottoscala di animali morti e ripulisce il tutto facendosi aiutare dalla domestica più giovane.

Un paio di giorni più tardi, Ianetta scopre che i suoi tesori sono scomparsi e si infuria. Cicita le rovescia addosso un secchio d’acqua benedetta, ma la bambina si limita a fulminarla con lo sguardo. Pochi istanti dopo, alla domestica cade un dente.

Desolina, Pinella e Fedela pregano per la salute di Mariuccia, temono di restare zitelle per colpa di Ianetta e non comprendono perché la sorella maggiore Lucia si ostini ancora a difendere la strega della famiglia. Alla fine Mariuccia muore.

Nel 1898 sono ormai tre anni che Fedela e Desolina vivono a Cagliari, in casa di una ricca cugina di terzo grado, vedova e senza figli, desiderosa di compagnia. Le due sorelle Zara non hanno ancora trovato marito, ma scrivono di essere comunque contente perché hanno visto il mare.

La domestica Cesarina è andata via da un anno per sposarsi con un carrettiere mentre la più anziana Cicita è troppo attaccata alla famiglia Zara per allontanarsene.

Lucia è come sempre la più bella di tutte, ma a ventotto anni nessun uomo ha ancora chiesto la sua mano.

Severino, roso dal rimorso di non aver ucciso Ianetta quando è nata, ha iniziato ad annegare i dispiaceri nell’alcool e una sera sorprende la sua ultimogenita a frugare nel magazzino degli attrezzi. Serafino si avventa su di lei per sgozzarla, ma Ianetta lo implora con una voce che pare quella della defunta Mariuccia.

Severino arretra, impallidisce, si irrigidisce e cade a terra. Ianetta sente che il suo cuore batte ancora e per due ore lo culla cantandogli una ninnananna.

Alle quattro del mattino, Cicita vede Ianetta uscire dal magazzino e trova il padrone ridotto come un morto. Insieme a Pinella, si incammina per chiamare il medico.

Il nuovo dottore è giovane e Pinella se ne invaghisce all’istante ma, una volta arrivato a casa Zara, Giuseppe Spada ha occhi solo per Lucia.

Severino ha avuto un’emorragia cerebrale e, anche se è difficile che si riprenda, il medico si offre di tornare a visitare il malato solo per poter rivedere Lucia.

Severino sopravvive grazie ai brodini di Cicita, ma ha bisogno di assistenza continua. Lucia prende allora le redini della casa, occupandosi della gestione dei pastori, dei contadini e del frantoio.

Gli abitanti di Baghintos iniziano a spettegolare su Lucia, perché si dedica a faccende da uomo e va in giro da sola. Le voci arrivano alle orecchie di Mansueto, fratello minore di quel Gonario che voleva uccidere Ianetta.

Mansueto si mette a spiare le abitudini di Lucia finché un giorno non esce allo scoperto deciso ad aggredire la bella giovane che riesce a fuggire solo grazie all’aiuto di Ianetta.

Un giorno il dottor Giuseppe non resiste alla tentazione di entrare nella stanza di Lucia e i due si lasciano travolgere dalla passione. Questo sinceramente non me l’aspettavo, non da due personaggi sempre con la testa sulle spalle come loro. A questo punto, come prevedibile per accrescere il dramma, Lucia resta ovviamente incinta.

Le disgrazie per gli Zara non sono finite. Le due pietre della macina del frantoio si spaccano e non vengono riparate. I debiti si accumulano e dopo mesi di agonia, Severino muore.

L’invidiosa Pinella è disposta a tutto pur di avere il bel dottore. Va a trovare Ianetta che, ormai cacciata dalla casa e dal paese, si è rifugiata in un nuraghe. La convince di essere davvero una strega e le spiega quali atti sacrileghi dovrà compiere.

Lucia ignora le losche trame di Pinella e, quando va a trovare Ianetta è terrorizzata dal cambiamento della sorella, al punto da temere che voglia davvero uccidere il suo bambino.

Venuto finalmente a sapere che diverrà padre, Giuseppe chiede a Lucia di sposarlo, spiegandole di non averlo fatto prima solo per via del recente lutto in casa Zara.

Giuseppe tenta invano di mettere a tacere le paure di Lucia dicendole che si tratta solo di superstizioni, ma la promessa sposa parte comunque di nascosto insieme a Cicita per consultare una bruja, una donna con poteri in grado di contrastare quelli di una coga.

La bruja si fa condurre al nuraghe dove vive Ianetta, la affronta e poi ordina ai baghintesi di appiccare un gigantesco incendio. Quando le fiamme si spengono, tutti meno Lucia credono che la coga sia morta pur non avendone trovato le ossa.

Giuseppe e Lucia si sposano e nel mese di giugno nasce il loro bambino. Poco dopo il battesimo del piccolo Giovanni, il padre Giuseppe deve assentarsi alcuni giorni per lavoro e Pinella ne approfitta per lasciare entrare Ianetta. È con grande sgomento che Lucia la sorprende con il suo bambino in braccio eppure riesce a riprenderselo dicendo a Ianetta che non è una strega ma sua sorella. La madre Assunta, nonno Efisio e la domestica Cicita però la pensano diversamente e si scagliano su Ianetta fino a quando la credono morta.

Lucia finalmente si rende conto della malignità di Pinella e la costringe a confessare. A questo punto non le resta che dare una degna sepoltura a Ianetta e, visto che non sarebbe mai stata accettata al cimitero, la trascina fino a un castagneto dove con somma gioia scopre che sua sorella è ancora viva.

Nel 1906, Lucia risiede ormai da tempo a Cagliari, nell’antica e sontuosa palazzina della famiglia Spada. All’inizio ha sentito la mancanza della campagna e dei boschi, ma poi si è abituata alla vita di città e alla vista del mare.

Lucia lavora come infermiera nell’ambulatorio del marito e in casa ha una domestica sempre al suo servizio, mentre quella di Baghintos è ben presto rimasta vuota dopo la morte di nonno Efisio, Assunta e Cicita. Di Pinella, nessuno sa con certezza che fine abbia fatto. Fedela invece trova marito, Desolina continua la sua vita di dama da compagnia e Ianetta viene accolta in un convento vicino al mare.

Dopo Giovanni, Lucia ha messo al mondo Mariuccia e Caterina e ai suoi bambini racconta storie ispirate alla sua vita e a quella di Ianetta a Baghintos.

Quando Lucia muore, i tre figli entrano per la prima volta nella casa in cui era cresciuta la madre. Mariuccia però sa che la vera eredità sono le sue storie, le stesse che ora racconta ai suoi figli per mantenere viva la memoria.

La luce ha giustamente vinto sulle tenebre, la ragione sull’ignoranza eppure continua ad aleggiare su di me una foschia di disappunto, perché di certo non è che le città siano scevre di pregiudizi né il paradiso in terra.

Errori

“No era mai stata Lucia” invece di “Non era mai stata Lucia” (pag. 103)

“mistriosi poteri” invece di “misteriosi poteri” (pag. 207)

Voto: 4 su 5

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