Un dramma esagerato, ma avvincente e pittoresco
Salvatorica Carboni (narratrice capitolo 1)
Maria viene al mondo in un tempo in cui ancora si nasceva a casa, seconda e ultima figlia della guardia carceraria Michele Piga e di sua moglie, la siciliana Rosaria.
Quando Maria ha appena cinque anni, sua madre ha un esaurimento nervoso e inizia a indossare solo indumenti scuri.
Sin da bambina, Maria si distingue per la sua bravura nella filatura e per gli occhi azzurri, diversi da quelli neri del padre e da quelli cangianti della madre. La superstiziosa levatrice crede che siano frutto di un angelo o del demonio e non accetta la ben più logica spiegazione familiare e storica di Rosaria che aveva i nonni biondi e con gli occhi azzurri e accenna alle tante conquiste susseguitesi in Sicilia nel corso dei secoli.
Evelina, la sorella maggiore di Maria, ama leggere la Bibbia ed è inseparabile dal suo rosario, al punto che tutti credono che voglia farsi suora. Maria invece prepara i malloreddus, i culurgiones e il sugo mentre la madre se ne sta sempre chiusa in camera sua. È stata la levatrice, che si occupa di entrambe le bambine da quando Rosaria è uscita di senno, che ha insegnato a Maria a usare il telaio.
L’ormai anziana Salvatorica critica la gioventù odierna sempre con il cellulare in mano e confessa che avrebbe tanto voluto avere dei figli suoi, ma lascia intendere di non essersi mai sposata a causa della paura per gli uomini innescata dagli abusi subiti dal padre durante l’infanzia.
Il giudice Pietro Uggias, poi morto suicida, era amico di Michele e i due erano andati insieme a lavorare in Sicilia per poi tornare in Sardegna un paio di anni più tardi. L’onnipresente Salvatorica ricorda bene che Rosaria, prima della depressione, si mangiava il giudice con gli occhi ogni volta che si fermava a cena. E il giudice aveva gli occhi azzurri, anche se non chiari come quelli di Maria.
Se Rosaria all’inizio mi aveva suscitato simpatia, in quanto la credevo vittima della sciocca superstizione di Salvatorica, non ho potuto fare a meno di odiarla leggendo le righe in cui la siciliana moglie di una guardia carceraria trascorre il pomeriggio dandosi arie da gran signora facendosi bella per il giudice mentre Salvatorica sgobba in cucina ai suoi ordini.
Ma l’anziana donna è un fiume di pettegolezzi e non si ferma qui. Anche la figlia Maria guardava il marito della sorella Evelina con lo stesso sguardo che la madre riservava al giudice. Sgualdrinaggine ereditaria? Maria scappa con Antonio Lorrài per andare a fare la fame a Cagliari, pulendo case e scale e rammendando calze. Vari figli dopo, il bell’Antonio l’abbandona… E cos’altro potevi aspettarti da un donnaiolo? Maria muore di epatite. Una storia nera più di un abisso, ma bisogna ammettere che la cara Maria di Ísili se l’è cercata.
Ho scelto questo libro perché è ambientato in Sardegna e perché nel titolo viene menzionato il paese di Ísili in cui mio padre ha studiato da ragazzo. Mi è piaciuta la copertina bucolica che mi ha ricordato la visita al nuraghe Is Paras in un afoso giorno di agosto dell’anno 2000, ma… Maria di Ísili non è il romanzo che mi aspettavo. Non si può presentare il fattaccio di Maria nella sinossi dicendo che è una donna che “segue la legge del desiderio, sfidando gli interdetti sociali, sullo sfondo di una Sardegna arcaica”. Rubare il marito di un’altra è sinonimo di sgualdrinaggine, non di emancipazione. I tradimenti ci sono sempre stati, ma ultimamente li si sta sdoganando, normalizzando un po’ troppo. Non tutti i desideri sono lecitamente perseguibili e come tali andrebbero conseguentemente repressi.
Maria di Ísili (narratrice capitolo 2)
Maria racconta di aver messo al mondo cinque figli, ma uno è morto quando aveva solo otto mesi.
È scappata di casa a sedici anni, incinta e innamorata (del marito della sorella, ribadiamolo).
Maria ricorda con affetto la madre che amava un uomo sposato, il famigerato giudice Pietro già menzionato da Salvatorica.
Rosaria non sapeva cucire, né cucinare. Ma da che famiglia veniva la “principessa”? E cosa sapeva fare a parte scoparsi il giudice?
Ogni dettaglio in più non fa che accrescere il mio già smisurato odio per Rosaria e Maria.
La solfa è sempre la stessa, ma presentata da un punto di vista diverso in ogni capitolo, con il risultato di una narrazione frammentata e in parte ripetitiva.
Rosaria è arrivata in Sardegna dalla Sicilia per inseguire il giudice Pietro Uggias. Maria ha letto le lettere nascoste della madre, quelle che aveva scritto ma non inviato e quelle ricevute.
Evelina si è sposata perché è rimasta incinta, ma Maria ardeva per lo stesso uomo dal primo istante in cui l’aveva visto ed è lei a condurlo alle vigne. Tre mesi dopo si accorge di essere anche lei in attesa.
Maria decide di non abortire e scappa con Antonio fino a Cagliari. Vede per la prima volta il mare e trascorre alcuni anni felici. Nascono i figli, uno dopo l’altro. Con tre bambini piccoli, Maria non riesce più ad aiutare Antonio in negozio. Antonio lavora e guadagna, ma poi gioca a carte e beve. Resta lontano da casa per giorni, finché non torna più. È stato ucciso e il corpo viene ritrovato nel lago Mulargia. Maria, invece, non ha più soldi per l’affitto e deve mandare i figli in collegio.
Sergio non è bello e tenebroso come Antonio con i suoi ricci neri. Sergio ha gli occhiali spessi e un libro prestato sempre diverso in mano, ma un giorno ritrova e riporta a Maria la figlia che era andata in spiaggia senza avvisarla.
Sergio e Maria si sposano, ma Maria non prova per Sergio la stessa attrazione che sentiva per Antonio. I tre figli superstiti di Antonio prendono il cognome di Sergio e Sergio e Maria hanno una figlia insieme.
Maria si rassegna alla miseria, ma Sergio ha idee di rivoluzione. Trascorre sei mesi in carcere con l’accusa di detenzione di eroina, ma Maria crede che il marito sia stato incastrato in quanto anarchico.
Quando esce di prigione, Sergio inizia a bere e fumare e al porto non lo chiamano più per scaricare i mercantili, onde evitare possibili scioperi. Un amico gli trova lavoro in una pompa di benzina, ma poi Sergio ogni sera se ne va al bar e torna a casa ubriaco.
I genitori di Maria sono morti a pochi mesi di distanza. La madre si è suicidata il giorno stesso in cui la figlia è fuggita con Antonio. Il padre se l’è portato via un infarto e non ha voluto perdonarla.
Il figlio di Evelina è nato senza vita. Maria ha scritto molte lettere alla sorella, per chiederle scusa, senza però ricevere mai risposta. Beh, direi che la reazione di Evelina è più che comprensibile!
Rosaria Granata (narratrice capitolo 3)
Rosaria rivela quanto ormai il lettore ha già compreso: Maria è figlia del suo amante, l’unica figlia del giudice Pietro.
Rosaria non ha mai amato Michele e l’ha sposato solo perché amico del giudice. Ha lasciato la Sicilia per seguirlo.
Il padre di Rosaria possedeva degli agrumeti e aveva le mani callose, la madre le unghie annerite negli orti. Dunque, la “principessa” non sembra figlia di un re e di una regina… E allora com’è possibile che sia un’inetta?
Maria sapeva creare splendidi abiti, tappeti, arazzi e cuscini con il rame e con la lana. Conosceva un mestiere e non uno qualunque. Avrebbe potuto guadagnare il necessario per una vita dignitosa, ma ha preferito gettare tutto alle ortiche cedendo alle brame lussuriose per il ramaio Antonio, suo cognato.
Michele non ama Rosaria. La picchia e poi piange. Normale non è di certo.
Dopo la morte di Pietro, Rosaria inizia a vestirsi di nero e si chiude in se stessa.
Michele Piga (narratore capitolo 4)
Capitolo di grandi rivelazioni. Michele Piga racconta di aver ucciso il fratello e i genitori con un finto incendio accidentale domestico tanti anni prima. Un giorno Michele era stato sorpreso a specchiarsi mentre indossava i tacchi e lo scialle della madre. La madre aveva pianto e il padre lo aveva picchiato. Il fratello diceva ai suoi amici che era gay e lo derideva insieme a loro.
Michele non amava le donne, voleva essere come loro. Oggi parleremmo di disforia di genere. Oggi Michele avrebbe condotto una vita da trans e magari cambiato sesso.
Michele era innamorato del suo amico Pietro, ma a lui piacevano le donne. Sapeva dell’attrazione tra Rosaria e Pietro, ma Pietro era già sposato. Michele prende in moglie Rosaria solo perché piace a Pietro. Avrebbe voluto essere come lei e sposandola pensava di sposarsi Pietro. Follia no limits.
Michele è infuriato con il mondo perché ha represso la sua natura per essere accettato dalla società, ma poi ci hanno pensato le figlie sgualdrine a rovinargli la reputazione.
Finora il personaggio più decente è Salvatorica Carboni.
Se i genitori di Michele gli avessero consentito di esprimere la sua identità di genere e se il fratello non lo avesse schernito per il suo orientamento sessuale, genitori e fratello non sarebbero morti bruciati vivi e magari Michele avrebbe avuto il coraggio di dichiararsi all’amico Pietro, che però quasi certamente lo avrebbe respinto. Forse l’amicizia tra i due sarebbe finita e così la viziata e viziosa Rosaria non avrebbe più avuto alcun interesse a sposarsi con Michele pur di stare vicina al già ammogliato Pietro. Evelina non sarebbe nata e soprattutto nemmeno Maria. Il mondo ci avrebbe guadagnato un’ingenua e una zoccola in meno, ma all’autore non sarebbe restato di che scrivere.
Antonio Lorrài di Silíus (narratore capitolo 5)
Antonio è l’ultimo figlio, ma l’unico maschio e quindi erede di un ricco proprietario terriero. Ad Antonio però interessa solo la libertà e così, all’età di vent’anni, se ne va di casa per girovagare in carro da un paese all’altro vendendo pentole e padelle di rame. Il bell’Antonio è uno scopatore seriale e si accoppia indistintamente con ricche signore sposate e ragazze senza marito. Evelina però la rapisce e la violenta dopo essersi ubriacato. La pia fanciulla promette però che non parlerà di violenza ma di amore. Antonio è costretto a sposarsi, ma il giorno del matrimonio nota sua cognata Maria e capisce che è lei quella che vuole. Cerca di resistere, ma lei gli lascia continuamente dei bigliettini nelle scarpe e alla fine lo conduce alle vigne. Maria è Eva, la tentatrice.
Antonio fugge con Maria. Diventa venditore di acqua e di pane, poi di pasta, birre, bibite e cose sempre più costose.
Inizia a bere sempre di più e muore cinquantenne ammazzato.
Giovannino Medda (narratore capitolo 6)
Giovannino è un medico in pensione, vicino e amico d’infanzia di Antonio. Il dottore ricorda lo spirito irrequieto di Antonio. In paese si era fatto molti nemici, tra donne sedotte e abbandonate e i loro uomini cornuti.
Un giorno Giovannino vede morire un bambino di otto mesi, stroncato da una meningite fulminante senza poter far nulla per salvarlo. Il medico non lo sa, ma è uno dei figli del suo amico Antonio, quello stesso Antonio che incontra per caso in quell’unica sera in cui si era lasciato convincere a giocare a carte.
Antonio è invecchiato, grasso e quasi calvo. Dice di essere innamorato e Giovannino stenta a credergli. Antonio gioca a carte sperando di ripagare i suoi debiti, ma ovviamente sprofonda sempre di più.
Giovannino, invece, ha avuto una vita felice con la moglie, i figli e i nipoti. Una vita così come dovrebbe essere.
Teresina Spanu (narratrice capitolo 7)
Teresina Spanu è un altro esemplare di feccia dell’umanità, di quelle persone che prima hanno rapporti non protetti come se non ci fosse un domani sfornando figli in quantità industriale e poi piangono la loro miseria pretendendo che lo Stato dia loro una casa popolare oppure la occupano direttamente usurpando i diritti dei legittimi beneficiari.
Teresina ha avuto otto figli con il marito sfaticato e ubriacone. La casa popolare l’ha occupata quando era incinta per la quinta volta.
Maria abitava al piano di sopra con Sergio e la figlia che avevano avuto insieme. A loro l’appartamento era stata assegnato dopo essere stati sfollati dalla zona nei pressi del Poetto in cui vivevano prima.
Sergio Desogus (narratore capitolo 8)
Sergio si è innamorato di Maria perché era bella e raffinata. Lei l’ha sposato e hanno avuto una figlia insieme, ma Sergio ha sempre saputo che Maria amava ancora Antonio, anche se l’aveva abbandonata ed era morto.
Dopo il carcere, Sergio ha iniziato a bere e fumare. Maria lavorava pulendo case e scale di medici e avvocati e lui spendeva tutto. Alla fine Maria si è ammalata ed è morta. Qualche anno dopo è morta anche la loro figlia Anna. Il cancro se l’è portata via e adesso sta per prendersi anche Sergio.
Evelina Piga (narratrice capitolo 9)
Evelina voleva solo essere moglie e madre. Avrebbe accettato qualsiasi pretendente, ma nessuno aveva chiesto la sua mano.
Antonio le piaceva, nonostante le voci che giravano sul suo conto, e così si era allontanata con lui durante una sera di festa in paese. Antonio però la violenta ed Evelina resta incinta. Il padre obbliga il ramaio a sposarsi ed Evelina è contenta di aspettare un bambino, poi però suo marito fugge con Maria. Evelina sapeva che Antonio era un donnaiolo, ma mai si sarebbe aspettata un tradimento dalla sorella.
Evelina ha ereditato la casa del padre e anche i soldi che spettavano al marito Antonio, figlio di un ricco proprietario terriero. Ha trascorso il resto della sua vita tra la casa e la chiesa.
Maria di Ísili (narratrice capitolo 10)
La Maria di Ísili dell’ultimo capitolo non è quella che abbiamo già conosciuto, ma sua nipote nata a Cagliari e cresciuta a Milano, figlia della primogenita Rosaria, che dopo aver trascorso anni in collegio se n’era andata appena diciottenne in continente.
La nuova Maria si laurea in lettere, ma finisce a lavorare in una sartoria industriale. Un giorno riceve una lettera dalla prozia Evelina e la raggiunge a Ísili. È così che scopre gli scheletri nell’armadio della sua famiglia, tutte quelle vicende scomode che sua madre aveva cercato di rimuovere tacendole.
Maria resta a vivere con la prozia nella sua grande e bella casa di Ísili. Un paio di anni dopo l’anziana Evelina muore e Maria eredita ogni cosa (la madre Rosaria e gli zii erano già venuti a mancare).
Maria si scopre artista (con i soldi, tutto è più facile) e durante un evento a Cagliari in cui presenta i suoi quadri di lana e di rame conosce il futuro marito. Il tenente lascia le forze armate e va a vivere a Ísili. Con i soldi della liquidazione compra un terreno in cui crea degli orti sinergici.
La coppia ha due figlie, Rosaria ed Evelina. Maria ha scelto questi nomi riciclati perché desidera che la sua progenie conosca il passato.