Il marito messicano – Ebook GRATIS

Nuovamente GRATIS su Amazon il romanzo Il marito messicano fino a venerdì 24 settembre!

Un viaggio che cambia la vita… Da Roma a Città del Messico.

Verena non ha mai pensato di lasciare il Bel Paese, almeno fino a quando il suo ragazzo non ha inaspettatamente deciso di trasferirsi in Messico. Riuscirà la giovane coppia a ritrovare il proprio equilibrio o cederà invece alle seducenti tentazioni del Nuovo Mondo?

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Fiore di fulmine di Vanessa Roggeri (2015)

Inizio folgorante, ma la scintilla si spegne a Cagliari

Dopo l’entusiasmo per Il cuore selvatico del ginepro, nutrivo grandi aspettative per il secondo romanzo dell’autrice. Il titolo suggestivo c’era, l’immagine di copertina con tanto di donna dagli indumenti vagamente in stile tradizionale sardo anche e l’intrigante sinossi alludeva a un’altra credenza isolana, quella dei bidemortos, cioè coloro che vedono i morti.

Fiore di fulmine di Vanessa Roggeri - bestseller cover

La prima parte del libro, che ho molto apprezzato, è ambientata tra il villaggio minerario di Monte Narba e il paese di San Vito, a pochi chilometri dal luogo in cui mio padre è nato e cresciuto, ma poi anche stavolta con mia grande delusione la scena si sposta a Cagliari, città natale della scrittrice, di cui io praticamente conosco solo il porto e i suoi collegamenti marittimi con il continente.

Le vicende narrate si sviluppano nell’arco di un decennio, tra il 1899 e il 1909. La protagonista Nora Musa ha undici anni quando il padre falegname muore in miniera. Un giorno la ragazza (bambina secondo l’autrice) ancora in preda al dolore per la scomparsa del genitore, invece di rifugiarsi in casa va incontro al temporale e un fulmine la colpisce in pieno. Tutti la credono morta, ma quando è già nella bara il becchino del cimitero di San Vito si accorge che Nora è viva o meglio rediviva, visto che persino il medico di Monte Narba ne aveva constatato il decesso. Nora è resuscitata, ma non è più quella di prima: dai suoi occhi non sgorgano lacrime, il suo corpo è freddo come quello di un defunto e il fulmine l’ha marchiata per sempre con una cicatrice che sembra un’infiorescenza rossastra in rilievo che parte dalla base del collo e arriva al piede dopo essersi snodata su tutto il lato sinistro del suo corpo. Nora inizia a vedere i morti e tanto basta per convincere sua madre Luigia, manipolata dalla cugina Teresa, ad abbandonare la figlia in un orfanotrofio gestito dalle suore in cui Nora trascorrerà nove lunghi anni prima di essere inviata a lavorare come domestica.

Il cuore selvatico del ginepro smascherava la pericolosa suggestione delle superstizioni, ma in Fiore di fulmine l’autrice compie una clamorosa inversione di rotta e non smentisce mai la veridicità delle visioni di Nora.

La nuova padrona ogni venerdì sera insieme ad alcuni ospiti prende parte a misteriose riunioni in una stanza preclusa alla servitù… A cosa ho pensato? A una seduta spiritica e ho indovinato! Troppo prevedibile!

Volete un altro cliché? Nora si innamora ricambiata di uno dei “signorini”, Giaime, che essendo anche lui orfano vive con sua zia Donna Trinez. Ad accomunare i due giovani, oltre alla perdita dei genitori (Luigia è morta un paio di anni dopo aver spedito Nora in orfanotrofio) ci pensano anche le menomazioni: da una parte il fiore di fulmine della serva, dall’altra il ginocchio lesionato da una caduta da cavallo che costringe il ricco rampollo a ricorrere al costante appoggio di un bastone.

Per non farvi mancare nulla, aggiungete una malevola governante invidiosa della nuova domestica e un padrone di casa (il secondo marito di Donna Trinez) violentatore e quasi omicida.

Nora ha visto il fantasma di Rosa, la figlia diciassettenne di Donna Trinez e del suo primo marito, morta suicida tre anni prima. La viscontessa conosce la storia di Nora e dei suoi poteri e ora ha bisogno del suo aiuto. Vuole sapere perché la figlia si è tolta la vita. Nora non delude la padrona e le rivela che il patrigno aveva abusato di Rosa.

Messi alle strette, con Nora tutti confessano i loro misfatti, come con Jessica Fletcher della serie La signora in giallo… Ovviamente, per aggiungere dramma al dramma, il professor Mariano, marito di Donna Trinez, tenta di uccidere la ficcanaso Nora che però viene prontamente salvata dal soffocamento dalla respirazione bocca a bocca di Giaime.

La governante Palmira sapeva ogni cosa sin dall’inizio, ma aveva ritenuto non opportuno turbare la tanto idolatrata padrona che però reagisce alla sua ammissione cacciandola seduta stante.

Sono rimasta delusa quando Donna Trinez sceglie di non denunciare il marito, limitandosi invece a lasciare la casa di lui per trasferirsi in una propria tenuta insieme ai due nipoti e al fratello.

Nora viene invitata a seguirla, ma non come domestica, bensì a capo del laboratorio di tessitura e ricamo che ha intenzione di creare ripristinando l’attività di produzione di sete pregiate del suo primo marito.

Poche tradizioni, poca Sardegna in questo libro nonostante l’ambientazione. Sento che la parte cagliaritana di Fiore di fulmine, togliendo i cenni descrittivi della città, avrebbe potuto svolgersi praticamente ovunque e sinceramente avrei preferito che Nora sposasse Antioco, il bel neviere di Aritzo moro e spavaldo.

Errori

“fichi d’india” invece di “fichi d’India” pag. 79

“tomento” invece di “tormento” pag. 97

Voto: 3 su 5

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Il cuore selvatico del ginepro di Vanessa Roggeri (2013)

Un travolgente romanzo familiare sardo traboccante di tradizioni ancestrali

Sardegna, 1880. Nella notte del 31 ottobre nasce la settima figlia femmina della ricca famiglia Zara. Ha già i denti e persino un accenno di coda. Per tutti è una coga, una strega, e al padre spetta l’ingrato compito di sopprimerla. Severino però non ha il coraggio di fracassarle il cranio con una pietra e così la lascia esposta al freddo e alla pioggia, sperando che siano le intemperie a recidere il filo di quella nuova vita.

Il cuore selvatico del ginepro di Vanessa Roggeri - cover

Le vicende narrate si dipanano nel paese immaginario di Baghintos. Io ancora non riesco a comprendere questa reticenza. Anche Cristina Caboni nel romanzo La custode del miele e delle api (2016) ha scelto come ambientazione un paese sardo che non c’è, ma oggi per scoprire la verità basta un clic.

Il mercato è saturo di personaggi che vivono in metropoli come Parigi o New York e quando finalmente abbiamo di fronte qualcosa di diverso non si ha il coraggio di mettere il nome di un paese reale? Osate autrici e autori, osate!

Per quanto riguarda la copertina, invece, avrei preferito un’immagine che richiamasse esplicitamente la Sardegna piuttosto che una ragazza in abito rétro dal gusto vagamente gotico, più adatta a mio avviso a una storia di vampiri.

Cosa mi ha spinto a leggere questo romanzo? È presto detto: il titolo evocativo, capace di farmi visualizzare mentalmente l’adorata macchia mediterranea sarda a partire dal ginepro, qui simbolo della resilienza della protagonista, la bambina strega capace di superare le avversità così come il ginepro le cui radici sopravvivono agli incendi.

Adoro leggere romanzi di scrittori sardi ambientati nella loro terra natia, per me è uno spasmodico inseguire metà delle mie origini, e mi piange il cuore quando decidono di far migrare le loro storie altrove.

Il cuore selvatico del ginepro è un romanzo avvincente intriso di antiche superstizioni e tradizioni, come quella delle animeddas, molto simile al Día de Muertos (Giorno dei Morti) messicano, con tanto di offerta di cibo e bevande per i propri cari defunti che tornano a visitare i vivi.

Sembra un paradosso ma io ho scoperto prima il Día de Muertos da mio marito che la celebrazione delle animeddas di cui mio padre, pur essendone a conoscenza, non ha mai parlato.

Lo splendido romanzo d’esordio di Vanessa Roggeri è riuscito a intrigare anche mia figlia che ha otto anni e mi ha chiesto di proseguire la lettura in spiaggia (in Sardegna, ovviamente) ad alta voce dopo aver ascoltato il mio riassunto, pregandomi poi di prestarle il libro dopo le vacanze per poterlo leggere per conto suo di sera prima di addormentarsi. Direi che è meraviglioso!

La bambina strega viene salvata dalla sorella maggiore Lucia che la riporta in casa di nascosto e la chiama Ianetta. La neonata è sopravvissuta alla notte e adesso gli Zara non possono più disfarsene.

Ianetta è per tutti una maledizione. Quando ha tre mesi continua a succhiare il latte dal seno della sua balia morta, avvizzita in poche settimane. A quattro anni richiama uno sciame di api sfregando due pietre. Il nugolo di insetti punge senza pietà i bulli del paese che volevano ucciderla e alla fine a morire, dopo tre giorni di agonia, è il loro capo Gonario.

Quando ha nove anni, sua sorella Mariuccia si perde e viene sorpresa da un temporale. Cagionevole di salute sin dalla nascita, si ammala e lotta tra la vita e la morte. Lucia ha visto che Ianetta stava cercando di riportarla a casa, ma la domestica più anziana non le crede e le intima di non dire nulla a nessuno. Pochi giorni dopo la stessa serva, insospettita dal fetore e dall’abbondanza di mosche, scopre con orrore che Ianetta ha riempito il sottoscala di animali morti e ripulisce il tutto facendosi aiutare dalla domestica più giovane.

Un paio di giorni più tardi, Ianetta scopre che i suoi tesori sono scomparsi e si infuria. Cicita le rovescia addosso un secchio d’acqua benedetta, ma la bambina si limita a fulminarla con lo sguardo. Pochi istanti dopo, alla domestica cade un dente.

Desolina, Pinella e Fedela pregano per la salute di Mariuccia, temono di restare zitelle per colpa di Ianetta e non comprendono perché la sorella maggiore Lucia si ostini ancora a difendere la strega della famiglia. Alla fine Mariuccia muore.

Nel 1898 sono ormai tre anni che Fedela e Desolina vivono a Cagliari, in casa di una ricca cugina di terzo grado, vedova e senza figli, desiderosa di compagnia. Le due sorelle Zara non hanno ancora trovato marito, ma scrivono di essere comunque contente perché hanno visto il mare.

La domestica Cesarina è andata via da un anno per sposarsi con un carrettiere mentre la più anziana Cicita è troppo attaccata alla famiglia Zara per allontanarsene.

Lucia è come sempre la più bella di tutte, ma a ventotto anni nessun uomo ha ancora chiesto la sua mano.

Severino, roso dal rimorso di non aver ucciso Ianetta quando è nata, ha iniziato ad annegare i dispiaceri nell’alcool e una sera sorprende la sua ultimogenita a frugare nel magazzino degli attrezzi. Serafino si avventa su di lei per sgozzarla, ma Ianetta lo implora con una voce che pare quella della defunta Mariuccia.

Severino arretra, impallidisce, si irrigidisce e cade a terra. Ianetta sente che il suo cuore batte ancora e per due ore lo culla cantandogli una ninnananna.

Alle quattro del mattino, Cicita vede Ianetta uscire dal magazzino e trova il padrone ridotto come un morto. Insieme a Pinella, si incammina per chiamare il medico.

Il nuovo dottore è giovane e Pinella se ne invaghisce all’istante ma, una volta arrivato a casa Zara, Giuseppe Spada ha occhi solo per Lucia.

Severino ha avuto un’emorragia cerebrale e, anche se è difficile che si riprenda, il medico si offre di tornare a visitare il malato solo per poter rivedere Lucia.

Severino sopravvive grazie ai brodini di Cicita, ma ha bisogno di assistenza continua. Lucia prende allora le redini della casa, occupandosi della gestione dei pastori, dei contadini e del frantoio.

Gli abitanti di Baghintos iniziano a spettegolare su Lucia, perché si dedica a faccende da uomo e va in giro da sola. Le voci arrivano alle orecchie di Mansueto, fratello minore di quel Gonario che voleva uccidere Ianetta.

Mansueto si mette a spiare le abitudini di Lucia finché un giorno non esce allo scoperto deciso ad aggredire la bella giovane che riesce a fuggire solo grazie all’aiuto di Ianetta.

Un giorno il dottor Giuseppe non resiste alla tentazione di entrare nella stanza di Lucia e i due si lasciano travolgere dalla passione. Questo sinceramente non me l’aspettavo, non da due personaggi sempre con la testa sulle spalle come loro. A questo punto, come prevedibile per accrescere il dramma, Lucia resta ovviamente incinta.

Le disgrazie per gli Zara non sono finite. Le due pietre della macina del frantoio si spaccano e non vengono riparate. I debiti si accumulano e dopo mesi di agonia, Severino muore.

L’invidiosa Pinella è disposta a tutto pur di avere il bel dottore. Va a trovare Ianetta che, ormai cacciata dalla casa e dal paese, si è rifugiata in un nuraghe. La convince di essere davvero una strega e le spiega quali atti sacrileghi dovrà compiere.

Lucia ignora le losche trame di Pinella e, quando va a trovare Ianetta è terrorizzata dal cambiamento della sorella, al punto da temere che voglia davvero uccidere il suo bambino.

Venuto finalmente a sapere che diverrà padre, Giuseppe chiede a Lucia di sposarlo, spiegandole di non averlo fatto prima solo per via del recente lutto in casa Zara.

Giuseppe tenta invano di mettere a tacere le paure di Lucia dicendole che si tratta solo di superstizioni, ma la promessa sposa parte comunque di nascosto insieme a Cicita per consultare una bruja, una donna con poteri in grado di contrastare quelli di una coga.

La bruja si fa condurre al nuraghe dove vive Ianetta, la affronta e poi ordina ai baghintesi di appiccare un gigantesco incendio. Quando le fiamme si spengono, tutti meno Lucia credono che la coga sia morta pur non avendone trovato le ossa.

Giuseppe e Lucia si sposano e nel mese di giugno nasce il loro bambino. Poco dopo il battesimo del piccolo Giovanni, il padre Giuseppe deve assentarsi alcuni giorni per lavoro e Pinella ne approfitta per lasciare entrare Ianetta. È con grande sgomento che Lucia la sorprende con il suo bambino in braccio eppure riesce a riprenderselo dicendo a Ianetta che non è una strega ma sua sorella. La madre Assunta, nonno Efisio e la domestica Cicita però la pensano diversamente e si scagliano su Ianetta fino a quando la credono morta.

Lucia finalmente si rende conto della malignità di Pinella e la costringe a confessare. A questo punto non le resta che dare una degna sepoltura a Ianetta e, visto che non sarebbe mai stata accettata al cimitero, la trascina fino a un castagneto dove con somma gioia scopre che sua sorella è ancora viva.

Nel 1906, Lucia risiede ormai da tempo a Cagliari, nell’antica e sontuosa palazzina della famiglia Spada. All’inizio ha sentito la mancanza della campagna e dei boschi, ma poi si è abituata alla vita di città e alla vista del mare.

Lucia lavora come infermiera nell’ambulatorio del marito e in casa ha una domestica sempre al suo servizio, mentre quella di Baghintos è ben presto rimasta vuota dopo la morte di nonno Efisio, Assunta e Cicita. Di Pinella, nessuno sa con certezza che fine abbia fatto. Fedela invece trova marito, Desolina continua la sua vita di dama da compagnia e Ianetta viene accolta in un convento vicino al mare.

Dopo Giovanni, Lucia ha messo al mondo Mariuccia e Caterina e ai suoi bambini racconta storie ispirate alla sua vita e a quella di Ianetta a Baghintos.

Quando Lucia muore, i tre figli entrano per la prima volta nella casa in cui era cresciuta la madre. Mariuccia però sa che la vera eredità sono le sue storie, le stesse che ora racconta ai suoi figli per mantenere viva la memoria.

La luce ha giustamente vinto sulle tenebre, la ragione sull’ignoranza eppure continua ad aleggiare su di me una foschia di disappunto, perché di certo non è che le città siano scevre di pregiudizi né il paradiso in terra.

Errori

“No era mai stata Lucia” invece di “Non era mai stata Lucia” (pag. 103)

“mistriosi poteri” invece di “misteriosi poteri” (pag. 207)

Voto: 4 su 5

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Il marito messicano – Romanzo GRATIS

GRATIS su Amazon il nuovo romanzo Il marito messicano fino a domenica 27 giugno!

Verena non ha mai pensato di lasciare il Bel Paese, almeno fino a quando il suo ragazzo non ha inaspettatamente deciso di trasferirsi in Messico. Riuscirà la giovane coppia a ritrovare il proprio equilibrio o cederà invece alle seducenti tentazioni del Nuovo Mondo?

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Ayesha Dean – The Seville Secret by Melati Lum (2019)

A challenging read with a lovely setting

(but Spanish language, history and culture should have been better researched)

This time, Ayesha Dean is traveling from Australia to Seville, Spain, but her travel companions are still the same of the first book of the series, Ayesha Dean – The Istanbul Intrigue.

Ayesha’s uncle David Dean is going to Seville to meet some potential clients for his international law firm and he suggested that her niece and her two best friends Sara and Jess might like to join him to visit the city.

All this seems to happen shortly after their travel from Australia to Istanbul, if you read the original version of The Istanbul Intrigue, but in the second edition the three girls are just sixteen years old. I didn’t like this change at all. The Istanbul Intrigue was quite good as it was, but when I browsed the new pages I found out that it had been rewritten. I felt betrayed! I understand if you want to correct typos or other mistakes, but you can’t change the book this way. You can’t compel me to re-read a story that I already know, so that the second installment make sense. It isn’t fair. It would have been better to let Ayesha and her friends grow up and attend their first year of college.

On the last plane, the one that takes the protagonists from London to Seville, Ayesha meets a boy who seems to be eighteen years old like her and her friends. Kareem Lansari is tall, with dark brown hair, olive skin and dark eyes, and he speaks with a British accent. He is the son of Algerian immigrants.

This Ayesha is such a lucky girl: during each travel she finds a handsome Muslim boy who could potentially be a perfect match for her. But have you already forgotten the Turkish Emre, Ayesha?

Kareem is going to Seville because his paternal grandfather Amine Lansari disappeared while he was on vacation there. He will be staying with María and Miguel, the same middle-aged Spanish couple that already hosted his grandfather.

“The narrow, paved street at the front of the hotel seemed very quiet at this time of the day. Ayesha remembered that the Spanish people enjoyed a siesta mid-afternoon which probably explained the current lack of noise and activity.” These sentences can be misleading and sound like a die-hard stereotype, because they seem to imply that most Spanish people do actually still take a nap in the afternoon while the truth is that they simply have their lunch break later than in other countries and during this time many stores are closed.

Ayesha tries to speak to María in Spanish and she does it quite right, but María answers using the masculine singular form “bienvenido” instead of the feminine plural “bienvenidas” to welcome the three girls?!

Amine Lansari liked to think he was a descendant of the Moriscos, Muslims living in Spain who were first obliged to formally convert to Christianity and later expelled from the country in the early 17th century. What he forgot to remember is that the Iberian Peninsula was already a Christian territory when in 711 it was conquered by the Muslim Arab-Berber force coming from North Africa that ruled it for about 780 years until the end of the Reconquista (Spanish and Portuguese for “reconquest”) in 1492. Who is the oppressor and who is the oppressed? It’s all a matter of perspective, like when discussing the fall of the Roman Empire, Italians, French and Spaniards talk of Barbarian Invasions while Germanic and Slavic peoples refer to the same phenomenon calling it Migration Period. The reason is obvious: if you are a descendant of the invaders or you culturally identify with them, you would probably try to legitimize the actions of your ancestors.

While looking for clues in Amine Lansari’s bedroom, Ayesha finds an ancient diary written in Arabic that Kareem translates for the three girls. The manuscript tells the story of Isaac and his family living in Seville in 1609. They were Moriscos obliged to change their names and convert to Christianity, but who secretly continued to practice Islam and speak Arabic. Isaac knew that the Moriscos were being expelled from Spain, but he didn’t want to leave the beloved land of his forebears to be sent to North Africa. Is it possible that Isaac didn’t realize that his forebears were most likely originally from North Africa and not from Spain?

The day after their arrival, Ayesha Dean and her friends go to see the iconic Giralda Tower and they visit the adjoining Seville Cathedral. After lunch they are ready to enjoy the Museo de Arqueología.

The following day, Ayesha and Sara fly to Córdoba with Ayesha’s uncle. Once there the two girls rent a car to visit the nearby ruins of the ancient city of Madina al-Zahra.

After the couple of days spent in Córdoba, Ayesha and Sara reunite with Kareem and Jess in the beautiful Plaza de España of Seville. This book is full of so many lovely places! I’d really like to visit them one day.

The next stop is a royal palace called Real Alcázar, but then Ayesha decides to pay a second visit to the Museo de Arquelogía and she’s kidnapped while she’s looking for some clues in the offices at night. I had a déjà vu: Ayesha was kidnapped also in the first book of the series. I would have preferred a different literary device this time, a little more variation, you know.

What I really enjoyed of this second volume is Isaac’s diary and especially his moving and impossible love story with a Christian young lady of the court named Sofia. He’s only a gardener and she will soon be married to a Lord.

During her imprisonment, Ayesha meets Kareem’s grandfather who had also been kidnapped by the same gang. The criminals are interested in an ancient necklace and the cunning and brave Ayesha saves herself and the old Amine pretending to be able to locate that piece of jewelry. Ayesha is a keen observer and thanks to her great problem-solving skills she is always able to get out of trouble.

The curator of the museum is finally arrested for stealing from the excess inventory. He had always chosen items that weren’t on display. Along with Mr Smythe, also his three minions and the unfriendly front desk man Manuel are sent to prison.

Amine tells Ayesha and her friends that he has also a second ancient diary and that Isaac was his ancestor.

Sofia invites Isaac to her wedding and during the congratulations she gives him a ball of paper with a message hinting at a necklace and a dress.

Ayesha finds Sofia’s wedding dress in a museum and it really has a gold necklace hidden among its fabrics. Sofia had stored Isaac’s love message inside the locket.

Ayesha’s time in Seville is over and Kareem will be leaving with his grandfather the next day. He invites her to visit him and his family in London, but Ayesha thinks she won’t see him again soon. She’s a little sad, but she knows that this feeling won’t last too long and she’s ready for her next adventure.

Mistakes

“Ayesha was now standing on an aerobridge, waiting to board a plane to Seville, Spain. Her uncle, David Dean, was standing just ahead of her (…) Ayesha looked up as Uncle Dave (…) tapped her on the shoulder.” This passage feels awkward, as if something is missing, because how could Uncle Dave tap Ayesha’s shoulder without before turning towards her if he was standing ahead in the queue?

“The narrow, paved street at the front of the hotel seemed very quiet at this time of the day. Ayesha remembered that the Spanish people enjoyed a siesta mid-afternoon which probably explained the current lack of noise and activity.” These sentences can be misleading and sound like a die-hard stereotype, because they seem to imply that most Spanish people do actually still take a nap in the afternoon while the truth is that they simply have their lunch break later than in other countries and during this time many shops are closed.

“back pack” should be “backpack” (one word)

“hand shake” should be “handshake” (one word)

“Maria” should be written “María” in Spanish

“si” (meaning “yes”) should be written “sí” in Spanish; “si” without the accent means “if”

“bienvenido” (masculine singular) should be “bienvenidas” (feminine plural) if you are welcoming two or more women in Spanish

“Museo de Arqueologia” should be “Museo de Arqueología” (Spanish, unlike English, is one of those languages that use accents)

“Collar de Pajaros” should be “Collar de Pájaros”

“Mudejar” should be “Mudéjar”

“Madre mia” should be “Madre mía”

“Sevilla” (Spanish) should be “Seville” (English) in the English translation of Isaac’s diary

“pescaito frito fried fish” should be “pescaíto frito (fried fish)”

“zanahorias alinadas” should be “zanahorias aliñadas”

Lack of consistency: the names of some Spanish dishes are capitalized (Ajo Blanco, Espinacas con Garbanzos) while others aren’t (pescaíto frito, calamares, zanahorias aliñadas)

“sangria” should be “sangría” in Spanish

“Uncle Dave sat back and took a small sip of his red wine, sangria.” Be careful! Sangría is not just red wine. There’s a reason if the Spanish words for “red wine” are “vino tinto” and not “sangría”: they’re not the same thing! Sangría is an alcoholic beverage made with wine, fruit and other ingredients.

“AlAndalus” should be spelled “Al-Andalus”

“However, you couldn’t say things were perfect,” he added slowly, “but Muslims, Jews, and Christians lived together in relative stability, and I believe intermarriage was fairly common.” This sentence should be rephrased as follows: “However you couldn’t say things were perfect,” he added slowly, “Muslims, Jews, and Christians lived together in relative stability, and I believe intermarriage was fairly common.”

“middle ages” should be “Middle Ages”

Inaccuracy: “A short time later, the three friends arrived at the city cathedral connected to El Giraldillo, the Giralda Tower.” El Giraldillo is the statue on top of the Giralda Tower and not the tower itself.

“The Christians built additions to the Giralda in the fourteenth century, after an earthquake had destroyed the top of the tower. The four original copper domes were replaced with a cross and a bell, and a further bell tower had been added in the sixteenth century making the full tower approximately 104 metres high.” In the passage above, “had been added” should be replaced with “was added” to respect the correct chronological order of the events.

“Real Alcazar” should be “Real Alcázar”

“Cordoba” should be “Córdoba”

“A donde me llavas?” should be “¿A dónde me llevas?”

“Martinez” should be “Martínez”

“We need Google translate…” should be “We need Google Translate…”

Inconsistency: “Ayesha Dean was always ready to solve her next mystery. It was sometimes as simple as the case of the missing gym bag in her last year at school” vs “But, you know, I do training in martial arts as well, and then, there isn’t heaps of time left after school and homework” Why does Ayesha tell Kareem she still goes to school even if in the first book of the series Ayesha and her friends “had just finished their final year at high school”? Because, sadly, the original version of the The Istanbul Intrigue has been replaced by a quite different second edition.

“a refreshing gelati” should be “a refreshing gelato” or even better “a refreshing ice cream”. I’m Italian, and I can tell you that reading “a refreshing gelati” is a sacrilege, because “gelati” is a plural noun, so it’s like reading “a refreshing ice creams”!

“Sanchez” should be “Sánchez”

“Leon” should be “León”

“Ayesha tried not to be freaked out about the thought of being locked in a dark museum and was rethinking the wisdom of hiding in the ancient Egyptian display where she knew that a couple of embalmed mummies lay only a few feet away. (…) Now is not the time to start thinking about djinns, she told herself. Instead, she focused on slowly feeling her way around the first mummy as it lay in state, long dead for over a thousand years.” Well, an ancient Egyptian mummy is surely far older than just over a thousand years.

“Alvarez” should be “Álvarez”

“Reparacion/Alteracion” should be “Reparación/Alteración”

“Reparacion” should be “Reparación”

“It seemed that in the hustle and bustle of items coming in and going out for repair, little bits and pieces seem to have conveniently gone missing from the museum’s collection” should be “It seemed that in the hustle and bustle of items coming in and going out for repair, little bits and pieces had conveniently gone missing from the museum’s collection”

“Ayesha thought she detected a slight Mediterranean accent” Nonsense. It doesn’t exist a Mediterranean accent, because the people living around its coast speak several different languages like Spanish, French, Italian, Greek and Arabic, just to mention a few.

“Suelta la arma!” should be “¡Suelta el arma!” even if the Spanish word “arma” is feminine, because singular feminine nouns beginning with a stressed “a” require the article “el”. Spanish police are supposed to know how to speak Spanish, aren’t they? And authors are supposed to write foreign sentences well if they choose to put them in their novels.

“Garcia” should be “García”

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“Giù le zampe dal nostro mare!” di Geronimo Stilton (2019)

In un’afosa giornata estiva, Geronimo Stilton parte in camper per una vacanza a sorpresa di due giorni organizzata dalla sorella Tea. Geronimo è restio ad allontanarsi dalla sua scrivania di direttore dell’Eco del Roditore, ma Tea lo rassicura dicendogli che, in sua assenza, sarà il nonno Torquato a occuparsi del giornale.

Insieme a Geronimo e Tea partono anche il cugino Trappola e gli onnipresenti nipoti Benjamin e Trappy. È curioso notare l’assenza di figure genitoriali. Ben e Trappy stanno a Geronimo come Qui, Quo e Qua allo zio Paperino. Trappola è cugino di Geronimo come Paperoga lo è di Paperino. Non c’è Nonna Papera, ma abbiamo nonno Torquato. Come si spiega tutto ciò? A cosa sono dovute queste famiglie senza padri né madri? Dipende forse dal fatto che l’autrice di Geronimo Stilton non sia potuta diventare madre e lo stesso Walt Disney sia ricorso all’adozione a causa dei ripetuti aborti spontanei della moglie sia prima che dopo la nascita della loro unica figlia biologica? Sono magari determinati percorsi di vita che spingono a proporre modelli di famiglia alternativi?

La meta del viaggio è un hotel sulla strada per il mare. Nonno Torquato, fondatore del giornale più famoso dell’Isola dei Topi, è amico del proprietario di quest’albergo a quattro stelle.

Gli Stilton partono in camper e dormono in hotel? Perplessità. L’albergo sembra di lusso, a detta di Trappy, ma i bagagli li deve scaricare Geronimo, sedioline e ombrelloni compresi. Sinceramente, se si ha un camper con cui raggiungere la spiaggia, non vedo la necessità di portarsi in camera pinne, materassini, ombrelloni e sedioline!

Dopo aver trascorso la notte in albergo, gli Stilton si recano in una spiaggia sovraffollata e tutt’altro che rilassante. Al ritorno guida Geronimo, che però ben presto si perde, scoprendo così fortuitamente una baia totalmente deserta. L’entusiasmo iniziale è tuttavia seguito dallo sconforto: la plastica è ovunque, spinta a riva dalla risacca. Un paguro ha il guscio incastrato in un tappo di bottiglia e una tartaruga sta mangiando un frammento di sacchetto. Mia figlia è scoppiata in lacrime dicendo “Morirà!” non appena ha visto il disegno della tartaruga e ho dovuto rassicurarla ricordandole che i libri per bambini, al contrario della realtà, (solitamente) hanno un lieto fine.

Trappy non si perde d’animo e propone di iniziare immediatamente a raccogliere i rifiuti. Trascorrono le ore ma, nonostante l’aiuto degli amici Iena e Tenebrosa, l’impresa è ancora in alto mare. Non resta che fidarsi di uno dei piani di Trappola.

Dopo aver guidato nuovamente fino a Porto Crostolo, Trappola propone di parlare ai turisti per convincerli a pulire la Baia dei Diamanti, ma ovviamente hanno tutti solo voglia di divertirsi e rilassarsi. Iena decide perciò di camuffare la pulizia da torneo, riscuotendo immediatamente un grande successo.

La prima prova consiste nel recuperare il maggior numero di rifiuti nel tempo stabilito, la seconda nel creare una fune di sacchetti di plastica e la terza nella costruzione di aquiloni con un’intelaiatura a base di cannucce di plastica.

L’intervento risolutivo è dato però dall’arrivo dell’amico scienziato Ficcagenio che ha inventato un prodigioso robot in grado di aspirare i rifiuti presenti in mare per poi riciclarli trasformandoli in oggetti di plastica nuovi di zecca come ciabatte, paperelle, materassini, palette e secchielli. Magari fosse davvero tutto così facile come nel mondo della fantasia!

La storia però non finisce qui! All’improvviso arriva un camion con una nuova montagna di plastica. Alla sua guida, c’è la spregiudicata giornalista Sally Rasmaussen, la più acerrima rivale di Geronimo Stilton. Voleva realizzare uno scoop sui rifiuti della Baia dei Diamanti, ma non trovandoli più ne stava scaricando degli altri! Fortunatamente, i turisti avanzano minacciosamente verso la spregevole Sally costringendola a battere in ritirata.

È il momento di festeggiare con una deliziosa cenetta preparata da Trappola, ovviamente servita su piatti riutilizzabili. Il premio del torneo è aver sensibilizzato i turisti e godersi una Baia dei Diamanti pulitissima.

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Un anno di libri 2020 – A Year of Books 2020

Quest’anno ho letto 7 libri (6 in italiano e 1 in inglese). Eccovi il riepilogo in ordine cronologico (cliccate sui titoli per leggere le recensioni):

This year I have read 7 books (6 in Italian and 1 in English). Here is the recap in chronological order (click on the titles to read the reviews):

1. Salviamo il mondo di Giulio Levi

2. Cartaruga e Lumacarta di Silvia Roncaglia

3. Il tesoro della foresta oscura di Geronimo Stilton

4. Ogni riferimento è puramente casuale di Antonio Manzini

5. Operazione aria pulita di Geronimo Stilton

6. Maria di Ísili di Cristian Mannu

7. Quicksand by Nella Larsen

Buon 2021 e speriamo che sia un anno migliore di questo 2020!

Happy 2021 and let’s hope it will be a better year than this 2020!

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Quicksand by Nella Larsen (1928)

I had already enjoyed Passing, so I was eager to read also Nella Larsen’s first novel. After a somewhat slow start, Quicksand vividly describes race relations both in America (the South, Chicago and Harlem) and in Denmark. The book is indeed loosely inspired by the author’s own life.

Mixed-race Helga Crane is twenty-three years old. Her skin is like yellow satin and she has dark eyes and curly black hair. She works as an English teacher in a school for black students who have ebony, bronze or gold faces.

Helga is dissatisfied with her job in the South because she doesn’t tolerate a society where a white preacher speaks in a paternalistic way and black folks seem content to stay in their place. This is why she wants to go back to Chicago, even if this would mean ending her engagement to her colleague James Vayle whose prominent black family live in nearby Atlanta. “Negro society, she had learned, was as complicated and as rigid in its ramifications as the highest strata of white society.”

Helga is an impulsive woman and wants to leave immediately, without waiting for the end of the school term, even if this would stain her professional reputation. She asks to see the school principal to inform him of her decision. Dr. Anderson is a gray-eyed brown man who tries to convince her to stay, but when he starts talking about her dignity as a lady, an angry Helga tells him that she was born in a Chicago slum to a gambler who abandoned her mother, a white immigrant.

Helga’s mother is long dead. She was a poor Scandinavian girl who had a daughter with a man who soon abandoned her. When Helga was six years old, her mother married a white man. Her mother’s husband hated Helga and so did her stepbrothers and stepsisters.

Helga lost her mother when she was fifteen and was rescued by Uncle Peter. She spent the following six years studying in a school for black girls and then worked for almost two years as a teacher in Naxos.

Helga arrives in Chicago after a long travel by train. It’s March and in Chicago the weather is still cold. Helga’s plan is to pay a visit to Uncle Peter, but the man is not in and his wife tells her to go away. Helga is a victim of discrimination because of her partial black ancestry, but she’s also a spoiled woman who is only able to beg for money after having spent her wages in fine clothes and expensive furniture.

When Helga starts to look for a new job, she finds out that employment agencies have almost exclusively vacancies as domestic help, but Helga has no references to show. The weeks go by, but then Helga fortunately finds a temporary position as a traveling companion for a female lecturer on her way to a convention in New York. Mrs. Hayes-Rore is a wealthy light-skinned black widow and helps Helga to find a job in the new city. She also suggests Helga to avoid mentioning that she has white relatives, because colored people won’t understand it.

Helga is happy in New York. She works as a secretary for a black insurance company and is welcomed by the teeming black Harlem. Books, shops, theaters, art galleries, restaurants and parties: Helga is completely absorbed by Harlem. She’s so satisfied that she isn’t interested in the white New York beside it. She seems at last to belong somewhere, she has found herself.

Helga dreams of marrying “one of those alluring brown or yellow men” who could give her a big house, expensive cars, clothes and furs, servants and leisure. Her childhood among hostile white people in Chicago and her time in Naxos don’t bother her anymore.

After a year, Helga’s enthusiasm is over. She feels shut in, trapped. She starts to visit places outside Harlem. Helga is distressed by her rich friend Anne who is obsessed by the race problem. Anne hates white people and she’s against social inequality, but she dislikes black songs and dances.

It’s during this period of restiveness that Helga meets Dr. Anderson again, now a welfare worker in New York.

One day Helga receives a letter from Uncle Peter. He suggests her to visit her aunt Katrina who lives in Copenhagen and he sends her a check for five thousand dollars. Helga had traveled to Denmark when she was eight years old and there she had been admired for her unfamiliar color and dark curly hair.

Helga wants to leave Harlem. She feels “shut up, boxed up, with hundreds of her race”. Even if she tries to repeat to herself that they are her people, she doesn’t want to be yoked to these despised black folks. Despite her physical appearance, she doesn’t belong to these dark segregated people. Helga daydreams of a happy future in Copenhagen, without black people, problems or prejudice.

While still in Harlem, Helga is a keen observer: “For the hundredth time she marveled at the gradations within this oppressed race of hers. A dozen shades slid by. There was sooty black, shiny black, taupe, mahogany, bronze, copper, gold, orange, yellow, peach, ivory, pinky white, pastry white. There was yellow hair, brown hair, black hair; straight hair, straightened hair, curly hair, crinkly hair, woolly hair. She saw black eyes in white faces, brown eyes in yellow faces, gray eyes in brown faces, blue eyes in tan faces. Africa, Europe, perhaps with a pinch of Asia, in a fantastic motley of ugliness and beauty, semibarbaric, sophisticated, exotic, were here.”

Then she sees Dr. Anderson with a pale woman with pitch-black eyes and dark hair. Anne hates Audrey Denney because “she gives parties for white and colored people together. And she goes to white people’s parties.” Race is Anne’s favorite topic, but Helga envies Audrey because she has the courage to ignore racial barriers giving her attention to people.

Helga boards a liner and she feels free, free to belong to herself alone and not to a race. Talking with the other passengers, she begins to remember the old forgotten Danish of her childhood. When she arrives in Copenhagen, she finds her aunt Katrina and her husband waiting for her. The couple has invited people to dinner and Helga is exhibited like an exotic creature.

The painter Axel Olsen is going to paint her. In this new environment, she’s a decoration.

Helga is twenty-five years old now and aunt Katrina would like a good marriage for her niece, but Helga doesn’t believe in mixed marriages because she thinks they bring only trouble to the children.

During her second year in Denmark, Helga is less happy than during her first year in Copenhagen. Then she receives a letter from Anne about her coming marriage to Dr. Anderson. Anne wants her to come back for the wedding, but Helga has no intention to go back to America where black people are hated.

It is at this time that the painter Axel Olsen asks her to marry him and Helga is surprised because she thinks that her origin repels him, so she doesn’t accept the proposal. Aunt Katrina and Uncle Poul are obviously disappointed by her behavior because Axel Olsen has money and an enviable position. Uncle Poul thinks that his niece is charming, but impulsive, imprudent and selfish.

Helga’s life goes on among dinners, coffees, theaters, pictures, music and clothes, but she’s tormented by nostalgia. She’s homesick, not for America, but for Harlem and its black people. Helga, who has always blamed her father for abandoning her mother, now understands and forgives him.

Helga goes back to America after two years. When Anne and Dr. Anderson return from their honeymoon in Canada, Helga moves to a hotel. She feels she can’t be happy in one place. She’s physically free in Europe and spiritually free in America.

During a party, Helga meets her former boyfriend James Vayle again. He’s still at Naxos and he’s assistant principal now. He wants to ask her again to marry him. Helga feels sorry for him and goes away, but then she meets Dr. Anderson who kisses her and she likes it.

After some weeks, Dr. Anderson tells Helga that he wants to talk to her and she’s unpleasantly surprised when she realizes that he just desires to excuse himself for that kiss while she had wished to give herself to him.

Helga tries to get drunk, but she manages only to make herself sick. She goes out, even if the day is rainy and she enters a church. There she meets a fattish yellow man who introduces himself as the Reverend Mr. Pleasant Green and the next morning she decides to marry him. She has had things, but now she has a chance at stability, at permanent happiness. For once in her life she wants to be practical and have both God and man.

After her marriage, Helga moves to a tiny Alabama town. After a few months of excitement, Helga is exhausted. She has three children in twenty months, two twin boys and a girl. Her husband is one of those men who think that a woman should have as many children as God sends her.

After giving birth to her fourth child, Helga shows no interest in the newborn. After a week she’s still silent and ignoring food. Her husband is worried and the old white physician from downtown comes to see her. A nurse takes care of Helga and after weeks she finally grows better.

Helga is such a fool. Her biggest problem is not racial discrimination, but her own stupidity. How could an attractive and educated woman decide to marry an ugly and bigot man? How could she decide to live in a remote community where people can only speak broken English? In a place where all the women are enraptured by her husband and accept their miserable fate of poverty, housework and endless children thinking that they will be compensated in heaven? It’s obvious that Helga can’t endure all this. She comes to hate her husband and stops believing in God. She wants to leave her husband, but not her children. Time goes by and Helga begins to have her fifth child. Forever trapped. No happy ending.

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Maria di Ísili di Cristian Mannu (2016)

Un dramma esagerato, ma avvincente e pittoresco

Salvatorica Carboni (narratrice capitolo 1)

Maria viene al mondo in un tempo in cui ancora si nasceva a casa, seconda e ultima figlia della guardia carceraria Michele Piga e di sua moglie, la siciliana Rosaria.

Quando Maria ha appena cinque anni, sua madre ha un esaurimento nervoso e inizia a indossare solo indumenti scuri.

Sin da bambina, Maria si distingue per la sua bravura nella filatura e per gli occhi azzurri, diversi da quelli neri del padre e da quelli cangianti della madre. La superstiziosa levatrice crede che siano frutto di un angelo o del demonio e non accetta la ben più logica spiegazione familiare e storica di Rosaria che aveva i nonni biondi e con gli occhi azzurri e accenna alle tante conquiste susseguitesi in Sicilia nel corso dei secoli.

Evelina, la sorella maggiore di Maria, ama leggere la Bibbia ed è inseparabile dal suo rosario, al punto che tutti credono che voglia farsi suora. Maria invece prepara i malloreddus, i culurgiones e il sugo mentre la madre se ne sta sempre chiusa in camera sua. È stata la levatrice, che si occupa di entrambe le bambine da quando Rosaria è uscita di senno, che ha insegnato a Maria a usare il telaio.

L’ormai anziana Salvatorica critica la gioventù odierna sempre con il cellulare in mano e confessa che avrebbe tanto voluto avere dei figli suoi, ma lascia intendere di non essersi mai sposata a causa della paura per gli uomini innescata dagli abusi subiti dal padre durante l’infanzia.

Il giudice Pietro Uggias, poi morto suicida, era amico di Michele e i due erano andati insieme a lavorare in Sicilia per poi tornare in Sardegna un paio di anni più tardi. L’onnipresente Salvatorica ricorda bene che Rosaria, prima della depressione, si mangiava il giudice con gli occhi ogni volta che si fermava a cena. E il giudice aveva gli occhi azzurri, anche se non chiari come quelli di Maria.

Se Rosaria all’inizio mi aveva suscitato simpatia, in quanto la credevo vittima della sciocca superstizione di Salvatorica, non ho potuto fare a meno di odiarla leggendo le righe in cui la siciliana moglie di una guardia carceraria trascorre il pomeriggio dandosi arie da gran signora facendosi bella per il giudice mentre Salvatorica sgobba in cucina ai suoi ordini.

Ma l’anziana donna è un fiume di pettegolezzi e non si ferma qui. Anche la figlia Maria guardava il marito della sorella Evelina con lo stesso sguardo che la madre riservava al giudice. Sgualdrinaggine ereditaria? Maria scappa con Antonio Lorrài per andare a fare la fame a Cagliari, pulendo case e scale e rammendando calze. Vari figli dopo, il bell’Antonio l’abbandona… E cos’altro potevi aspettarti da un donnaiolo? Maria muore di epatite. Una storia nera più di un abisso, ma bisogna ammettere che la cara Maria di Ísili se l’è cercata.

Ho scelto questo libro perché è ambientato in Sardegna e perché nel titolo viene menzionato il paese di Ísili in cui mio padre ha studiato da ragazzo. Mi è piaciuta la copertina bucolica che mi ha ricordato la visita al nuraghe Is Paras in un afoso giorno di agosto dell’anno 2000, ma… Maria di Ísili non è il romanzo che mi aspettavo. Non si può presentare il fattaccio di Maria nella sinossi dicendo che è una donna che “segue la legge del desiderio, sfidando gli interdetti sociali, sullo sfondo di una Sardegna arcaica”. Rubare il marito di un’altra è sinonimo di sgualdrinaggine, non di emancipazione. I tradimenti ci sono sempre stati, ma ultimamente li si sta sdoganando, normalizzando un po’ troppo. Non tutti i desideri sono lecitamente perseguibili e come tali andrebbero conseguentemente repressi.

Maria di Ísili (narratrice capitolo 2)

Maria racconta di aver messo al mondo cinque figli, ma uno è morto quando aveva solo otto mesi.

È scappata di casa a sedici anni, incinta e innamorata (del marito della sorella, ribadiamolo).

Maria ricorda con affetto la madre che amava un uomo sposato, il famigerato giudice Pietro già menzionato da Salvatorica.

Rosaria non sapeva cucire, né cucinare. Ma da che famiglia veniva la “principessa”? E cosa sapeva fare a parte scoparsi il giudice?

Ogni dettaglio in più non fa che accrescere il mio già smisurato odio per Rosaria e Maria.

La solfa è sempre la stessa, ma presentata da un punto di vista diverso in ogni capitolo, con il risultato di una narrazione frammentata e in parte ripetitiva.

Rosaria è arrivata in Sardegna dalla Sicilia per inseguire il giudice Pietro Uggias. Maria ha letto le lettere nascoste della madre, quelle che aveva scritto ma non inviato e quelle ricevute.

Evelina si è sposata perché è rimasta incinta, ma Maria ardeva per lo stesso uomo dal primo istante in cui l’aveva visto ed è lei a condurlo alle vigne. Tre mesi dopo si accorge di essere anche lei in attesa.

Maria decide di non abortire e scappa con Antonio fino a Cagliari. Vede per la prima volta il mare e trascorre alcuni anni felici. Nascono i figli, uno dopo l’altro. Con tre bambini piccoli, Maria non riesce più ad aiutare Antonio in negozio. Antonio lavora e guadagna, ma poi gioca a carte e beve. Resta lontano da casa per giorni, finché non torna più. È stato ucciso e il corpo viene ritrovato nel lago Mulargia. Maria, invece, non ha più soldi per l’affitto e deve mandare i figli in collegio.

Sergio non è bello e tenebroso come Antonio con i suoi ricci neri. Sergio ha gli occhiali spessi e un libro prestato sempre diverso in mano, ma un giorno ritrova e riporta a Maria la figlia che era andata in spiaggia senza avvisarla.

Sergio e Maria si sposano, ma Maria non prova per Sergio la stessa attrazione che sentiva per Antonio. I tre figli superstiti di Antonio prendono il cognome di Sergio e Sergio e Maria hanno una figlia insieme.

Maria si rassegna alla miseria, ma Sergio ha idee di rivoluzione. Trascorre sei mesi in carcere con l’accusa di detenzione di eroina, ma Maria crede che il marito sia stato incastrato in quanto anarchico.

Quando esce di prigione, Sergio inizia a bere e fumare e al porto non lo chiamano più per scaricare i mercantili, onde evitare possibili scioperi. Un amico gli trova lavoro in una pompa di benzina, ma poi Sergio ogni sera se ne va al bar e torna a casa ubriaco.

I genitori di Maria sono morti a pochi mesi di distanza. La madre si è suicidata il giorno stesso in cui la figlia è fuggita con Antonio. Il padre se l’è portato via un infarto e non ha voluto perdonarla.

Il figlio di Evelina è nato senza vita. Maria ha scritto molte lettere alla sorella, per chiederle scusa, senza però ricevere mai risposta. Beh, direi che la reazione di Evelina è più che comprensibile!

Rosaria Granata (narratrice capitolo 3)

Rosaria rivela quanto ormai il lettore ha già compreso: Maria è figlia del suo amante, l’unica figlia del giudice Pietro.

Rosaria non ha mai amato Michele e l’ha sposato solo perché amico del giudice. Ha lasciato la Sicilia per seguirlo.

Il padre di Rosaria possedeva degli agrumeti e aveva le mani callose, la madre le unghie annerite negli orti. Dunque, la “principessa” non sembra figlia di un re e di una regina… E allora com’è possibile che sia un’inetta?

Maria sapeva creare splendidi abiti, tappeti, arazzi e cuscini con il rame e con la lana. Conosceva un mestiere e non uno qualunque. Avrebbe potuto guadagnare il necessario per una vita dignitosa, ma ha preferito gettare tutto alle ortiche cedendo alle brame lussuriose per il ramaio Antonio, suo cognato.

Michele non ama Rosaria. La picchia e poi piange. Normale non è di certo.

Dopo la morte di Pietro, Rosaria inizia a vestirsi di nero e si chiude in se stessa.

Michele Piga (narratore capitolo 4)

Capitolo di grandi rivelazioni. Michele Piga racconta di aver ucciso il fratello e i genitori con un finto incendio accidentale domestico tanti anni prima. Un giorno Michele era stato sorpreso a specchiarsi mentre indossava i tacchi e lo scialle della madre. La madre aveva pianto e il padre lo aveva picchiato. Il fratello diceva ai suoi amici che era gay e lo derideva insieme a loro.

Michele non amava le donne, voleva essere come loro. Oggi parleremmo di disforia di genere. Oggi Michele avrebbe condotto una vita da trans e magari cambiato sesso.

Michele era innamorato del suo amico Pietro, ma a lui piacevano le donne. Sapeva dell’attrazione tra Rosaria e Pietro, ma Pietro era già sposato. Michele prende in moglie Rosaria solo perché piace a Pietro. Avrebbe voluto essere come lei e sposandola pensava di sposarsi Pietro. Follia no limits.

Michele è infuriato con il mondo perché ha represso la sua natura per essere accettato dalla società, ma poi ci hanno pensato le figlie sgualdrine a rovinargli la reputazione.

Finora il personaggio più decente è Salvatorica Carboni.

Se i genitori di Michele gli avessero consentito di esprimere la sua identità di genere e se il fratello non lo avesse schernito per il suo orientamento sessuale, genitori e fratello non sarebbero morti bruciati vivi e magari Michele avrebbe avuto il coraggio di dichiararsi all’amico Pietro, che però quasi certamente lo avrebbe respinto. Forse l’amicizia tra i due sarebbe finita e così la viziata e viziosa Rosaria non avrebbe più avuto alcun interesse a sposarsi con Michele pur di stare vicina al già ammogliato Pietro. Evelina non sarebbe nata e soprattutto nemmeno Maria. Il mondo ci avrebbe guadagnato un’ingenua e una zoccola in meno, ma all’autore non sarebbe restato di che scrivere.

Antonio Lorrài di Silíus (narratore capitolo 5)

Antonio è l’ultimo figlio, ma l’unico maschio e quindi erede di un ricco proprietario terriero. Ad Antonio però interessa solo la libertà e così, all’età di vent’anni, se ne va di casa per girovagare in carro da un paese all’altro vendendo pentole e padelle di rame. Il bell’Antonio è uno scopatore seriale e si accoppia indistintamente con ricche signore sposate e ragazze senza marito. Evelina però la rapisce e la violenta dopo essersi ubriacato. La pia fanciulla promette però che non parlerà di violenza ma di amore. Antonio è costretto a sposarsi, ma il giorno del matrimonio nota sua cognata Maria e capisce che è lei quella che vuole. Cerca di resistere, ma lei gli lascia continuamente dei bigliettini nelle scarpe e alla fine lo conduce alle vigne. Maria è Eva, la tentatrice.

Antonio fugge con Maria. Diventa venditore di acqua e di pane, poi di pasta, birre, bibite e cose sempre più costose.

Inizia a bere sempre di più e muore cinquantenne ammazzato.

Giovannino Medda (narratore capitolo 6)

Giovannino è un medico in pensione, vicino e amico d’infanzia di Antonio. Il dottore ricorda lo spirito irrequieto di Antonio. In paese si era fatto molti nemici, tra donne sedotte e abbandonate e i loro uomini cornuti.

Un giorno Giovannino vede morire un bambino di otto mesi, stroncato da una meningite fulminante senza poter far nulla per salvarlo. Il medico non lo sa, ma è uno dei figli del suo amico Antonio, quello stesso Antonio che incontra per caso in quell’unica sera in cui si era lasciato convincere a giocare a carte.

Antonio è invecchiato, grasso e quasi calvo. Dice di essere innamorato e Giovannino stenta a credergli. Antonio gioca a carte sperando di ripagare i suoi debiti, ma ovviamente sprofonda sempre di più.

Giovannino, invece, ha avuto una vita felice con la moglie, i figli e i nipoti. Una vita così come dovrebbe essere.

Teresina Spanu (narratrice capitolo 7)

Teresina Spanu è un altro esemplare di feccia dell’umanità, di quelle persone che prima hanno rapporti non protetti come se non ci fosse un domani sfornando figli in quantità industriale e poi piangono la loro miseria pretendendo che lo Stato dia loro una casa popolare oppure la occupano direttamente usurpando i diritti dei legittimi beneficiari.

Teresina ha avuto otto figli con il marito sfaticato e ubriacone. La casa popolare l’ha occupata quando era incinta per la quinta volta.

Maria abitava al piano di sopra con Sergio e la figlia che avevano avuto insieme. A loro l’appartamento era stata assegnato dopo essere stati sfollati dalla zona nei pressi del Poetto in cui vivevano prima.

Sergio Desogus (narratore capitolo 8)

Sergio si è innamorato di Maria perché era bella e raffinata. Lei l’ha sposato e hanno avuto una figlia insieme, ma Sergio ha sempre saputo che Maria amava ancora Antonio, anche se l’aveva abbandonata ed era morto.

Dopo il carcere, Sergio ha iniziato a bere e fumare. Maria lavorava pulendo case e scale di medici e avvocati e lui spendeva tutto. Alla fine Maria si è ammalata ed è morta. Qualche anno dopo è morta anche la loro figlia Anna. Il cancro se l’è portata via e adesso sta per prendersi anche Sergio.

Evelina Piga (narratrice capitolo 9)

Evelina voleva solo essere moglie e madre. Avrebbe accettato qualsiasi pretendente, ma nessuno aveva chiesto la sua mano.

Antonio le piaceva, nonostante le voci che giravano sul suo conto, e così si era allontanata con lui durante una sera di festa in paese. Antonio però la violenta ed Evelina resta incinta. Il padre obbliga il ramaio a sposarsi ed Evelina è contenta di aspettare un bambino, poi però suo marito fugge con Maria. Evelina sapeva che Antonio era un donnaiolo, ma mai si sarebbe aspettata un tradimento dalla sorella.

Evelina ha ereditato la casa del padre e anche i soldi che spettavano al marito Antonio, figlio di un ricco proprietario terriero. Ha trascorso il resto della sua vita tra la casa e la chiesa.

Maria di Ísili (narratrice capitolo 10)

La Maria di Ísili dell’ultimo capitolo non è quella che abbiamo già conosciuto, ma sua nipote nata a Cagliari e cresciuta a Milano, figlia della primogenita Rosaria, che dopo aver trascorso anni in collegio se n’era andata appena diciottenne in continente.

La nuova Maria si laurea in lettere, ma finisce a lavorare in una sartoria industriale. Un giorno riceve una lettera dalla prozia Evelina e la raggiunge a Ísili. È così che scopre gli scheletri nell’armadio della sua famiglia, tutte quelle vicende scomode che sua madre aveva cercato di rimuovere tacendole.

Maria resta a vivere con la prozia nella sua grande e bella casa di Ísili. Un paio di anni dopo l’anziana Evelina muore e Maria eredita ogni cosa (la madre Rosaria e gli zii erano già venuti a mancare).

Maria si scopre artista (con i soldi, tutto è più facile) e durante un evento a Cagliari in cui presenta i suoi quadri di lana e di rame conosce il futuro marito. Il tenente lascia le forze armate e va a vivere a Ísili. Con i soldi della liquidazione compra un terreno in cui crea degli orti sinergici.

La coppia ha due figlie, Rosaria ed Evelina. Maria ha scelto questi nomi riciclati perché desidera che la sua progenie conosca il passato.

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Operazione aria pulita di Geronimo Stilton (2019)

Un libro per bambini dal ritmo pacato, ma con un importante messaggio ambientalista. I pesticidi usati in agricoltura inquinano l’aria (oltre al suolo e all’acqua) compromettendo la sopravvivenza di specie cruciali per l’impollinazione e quindi la riproduzione delle piante come le api, che tra l’altro producono anche il miele. Interessante, inoltre, lo schema che insegna a distinguere api e vespe.

Durante una gita domenicale in bicicletta tra le amene Colline Felici, in compagnia degli scattanti nipoti Ben e Trappy, l’esausto Geronimo Stilton cerca invano un luogo senza api in cui riposarsi.

L’affascinante apicoltrice Isabel accorre prontamente in difesa delle sue piccole amiche confuse e, una volta resasi conto di avere di fronte il celebre giornalista Geronimo Stilton, invita i tre ciclisti a vedere le sue arnie e a provare la sua specialità: formaggio fresco con miele appena raccolto.

Tra una piacevole chiacchiera e l’altra, ben presto cala la sera e allora Isabel propone di andare a vedere le lucciole vicino al ruscello. Uno spettacolo magnifico per i tre ospiti che però non soddisfa l’apicoltrice né la guardia forestale Leo. Gli scintillanti insetti negli ultimi tempi sono infatti diventati meno numerosi. C’è qualcosa che non va nell’aria, qualcosa che disorienta le api e fa scomparire le lucciole, un nuovo mistero da risolvere per Geronimo Stilton e i suoi nipoti.

I tuoni interrompono bruscamente lo spettacolo notturno. Sta arrivando un temporale e tutti iniziano a correre verso la casa di Isabel. L’impacciato Geronimo Stilton resta però indietro e scivola in una pozzanghera fangosa, riuscendo così a intravedere due loschi figuri armeggiare con un trattore mentre parlano di bidoni vuoti da recuperare.

L’indomani, Geronimo Stilton segue le tracce del veicolo insieme ai nipoti e all’apicoltrice. È così che i quattro arrivano a un fienile pieno di fusti di plastica con grandi etichette con la scritta Super-Bio, il nome di un’azienda biologica della zona. Geronimo cade inavvertitamente addosso a uno dei fusti e l’etichetta ormai strappata rivela un’inquietante verità: i bidoni non contengono concime biologico ma un pesticida tossico che quando viene spruzzato sulle coltivazioni, oltre a ucciderne i parassiti, avvelena l’aria.

I due tipacci, anzi topacci, della sera prima sorprendono Geronimo e gli altri e ordinano a tutti di salire su un furgone. A loro non importa nulla dell’ambiente e la Super-Bio, pur fingendosi un’azienda biologica, in realtà usa solo pesticidi chimici perché costano di meno.

Gli agili Ben e Trappy riescono a fuggire. Geronimo e Isabel vengono invece condotti al cospetto del presidente della Super-Bio che minaccia di non lasciarli tornare a casa fino a quando non si convinceranno della sua versione dei fatti. Per fortuna, ben presto arrivano i rinforzi. Ben e Trappy hanno, infatti, raccontato tutto alla guardia forestale Leo che ha poi avvisato le autorità che eseguiranno dei test sull’inquinamento.

Sgominati i cattivi, per Geronimo e nipoti è ora di tornare a casa, non prima però di ricevere in regalo da Isabel una cassa piena di vasetti di miele. Sicuramente un dolce ricordo, che però si prospetta come un pesante fardello da portare in città in bicicletta.

Una volta di nuovo a scuola, Ben e Trappy raccontano la loro avventura suscitando così l’entusiasmo della maestra Topitilla che decide di organizzare una gita nel bosco usando la bicicletta, il mezzo più ecologico con cui spostarsi, anche se a mio avviso di certo non il più comodo vista la fatica e l’allenamento necessari per pedalare in collina, senza contare il rischio di essere investiti da automobili o altri veicoli a motore sulle strade extraurbane sovente sprovviste di piste ciclabili.

Isabel delizia gli studenti con i suoi racconti sulle api e una squisita merenda a base di miele. Geronimo, ovviamente, non ha occhi che per la bella apicoltrice ma io, se fossi in lei, sceglierei l’aiutante guardia forestale Leo piuttosto che quell’imbranato di Geronimo, anche se mia figlia mi assicura che nella versione a cartoni animati non è così goffo come in questa serie di libri sull’ambiente.

ERRORE

Pag. 77 (Api e vespe) “hanno 6 paia di zampe” invece di “hanno 3 paia di zampe”

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